L’obesità può essere intesa come un aumento patologico dei tessuti adiposi, ovvero una deviazione dalle condizioni di peso ideale tale da aumentare la morbilità e ridurre le aspettative di vita di un individuo. Esiste un generale consenso sul fatto che una condizione di grave sovrappeso non necessariamente è la conseguenza di comportamenti, convinzioni, attitudini e pensieri disfunzionali. Per tale motivo nel Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM-IV-TR, American Psychiatric Association, 2002, DSM-5, American Psychiatric Association, 2014), l’obesità e il sovrappeso non vengono inclusi fra le malattie psichiatriche.
Attualmente si tende a considerare l’obesità come un gruppo eterogeneo di condizioni con origini multiple (genetiche, comportamentali e ambientali) che agiscono attraverso la mediazione fisiologica dell’introito calorico e del dispendio energetico.
La cura di una condizione di obesità, quando non è ravvisabile l’utilizzo di un trattamento chirurgico, può essere prevalentemente psicoterapeutica e dietologica con aumento di attività fisica, oppure farmacologica.
Risultati significativi con pazienti obesi o in sovrappeso sono stati ottenuti con il trattamento cognitivo-comportamentale per la riduzione del peso corporeo e il miglioramento della qualità della vita che spesso, nei soggetti obesi, risulta essere bassa soprattutto in due dimensioni, quella dell’immagine corporea e quella sociale.
La terapia cognitivo comportamentale
La terapia cognitivo comportamentale si è dimostrata una terapia efficace per la riduzione del peso corporeo in molti studi controllati ed il suo utilizzo è auspicabile all’interno di un approccio multimodale all’obesità. Il vantaggio di inserire un trattamento psicologico all’interno di un tale approccio all’obesità è che questo permette anche l’identificazione di tutti quei problemi specifici del paziente, psicologici, relazionali e comportamentali, che possono divenire un ostacolo non solo alla perdita di peso, ma anche al mantenimento del peso corporeo raggiunto.
Tra un programma e l’altro possono esistere molte differenze, ma generalmente in tutti gli interventi cognitivo-comportamentali si trovano:
- informazioni sulla nutrizione, dieta e perdita di peso, uso di farmaci e cause psicologiche dei disturbi alimentari;
- utilizzo di un diario per l’identificazione degli stimoli esterni e interni associati all’assunzione del cibo;
- educazione ad uno stile di vita sano e strategie di controllo degli stimoli;
- ristrutturazione cognitiva (analisi e ristrutturazione dei pensieri distorti sul cibo, sul corpo e sulla dieta);
- individuazione dei fattori psicologici e comportamentali che possono fungere da ostacolo alla perdita di peso, ad es. l’incapacità di dire di “no” dinanzi ad una offerta di cibo;
- programmi per la prevenzione delle ricadute e per mantenere nel tempo i risultati raggiunti.
L’obiettivo ultimo della terapia cognitivo comportamentale, oltre alla riduzione e al mantenimento del peso corporeo raggiunto, consiste nel mettere in grado il paziente di affrontare in autonomia le sue difficoltà alimentari e un gran numero di condizioni emotive e cognitive, oltre che fisiologiche.
Le persone obese sembrano essere significativamente più insoddisfatte del loro corpo rispetto alle persone normopeso, tendono a sovrastimare il loro peso, distorcono maggiormente la loro taglia corporea ed evitano con più frequenza le situazioni sociali perché preoccupati dell’apparenza (Rosen, 1990).
L’immagine corporea negativa sembra essere uno tra i più potenti fattori che motivano le persone obese a cercare di dimagrire. Tuttavia, senza un intervento cognitivo comportamentale finalizzato alla sua analisi e al suo miglioramento anche in assenza di un calo ponderale, può trasformarsi in un altro ostacolo al raggiungimento dell’obiettivo di dimagrimento.
I soggetti con una immagine corporea negativa, oltre ad essere insoddisfatti del loro peso e/o di parti particolari del proprio corpo come i fianchi, i glutei, il collo o le braccia, riferiscono lamentele relative anche alla forma della faccia, alle pieghe della pelle, all’avere più o meno peli sul corpo, caratteristiche somatiche non direttamente collegate all’eccessivo peso corporeo. E’ da considerare anche che l’immagine corporea negativa può essere caratterizzata da un disturbo percettivo e/o da alcune caratteristiche cognitive e comportamentali. Il disturbo percettivo si riferisce alla presenza di una discrepanza tra l’apparenza attuale e la rappresentazione mentale di sé. Sembra che tale discrepanza possa essere sovrastimata in certe condizioni trigger, come ad esempio l’umore negativo, l’assunzione di cibi creduti ricchi di grassi, il vedere immagini di donne magre sui giornali, il periodo premestruale, il ricevere istruzioni di stimare il proprio corpo in base alle sensazioni, l’andare incontro a fluttuazioni ponderali.
Le distorsioni cognitive sull’aspetto fisico e sull’immagine corporea
Convinzioni negative sul proprio aspetto fisico, quando risultano esagerate, influenzano in modo negativo il normale funzionamento dell’individuo o lo conducono a cercare di raggiungere un peso corporeo o forme corporee non raggiungibili. A differenza di chi presta una normale attenzione al proprio aspetto fisico, chi possiede una immagine corporea negativa di sé ha una intensa preoccupazione per il peso e le forme corporee che, sebbene possa essere costantemente presente durante il giorno, si accentua in maniera particolare in alcune situazioni, ad es. dopo aver mangiato e nelle occasioni sociali. L’individuo con un’immagine corporea negativa è costantemente ansioso, imbarazzato e vergognoso di sé perché crede che il suo aspetto riveli la sua inadeguatezza personale. L’idea di avere un corpo o parti di questo difettosi innesca una serie di pensieri e convinzioni di questo tipo: “Il mio aspetto è orrendo, gli altri lo noteranno e penseranno che io sono una persona inadeguata, senza capacità di autocontrollo e di disciplina. Di conseguenza il mio aspetto prova che sono una persona senza valore.”
L’assunzione centrale del disturbo cognitivo dell’immagine corporea è la tendenza ad associare il valore personale alla propria apparenza. Leon (1999) è arrivato addirittura a descrivere le convinzioni legate all’immagine corporea come “pensieri deliranti”, “ossessioni” e “idee sopravvalutate”.
Le distorsioni della realtà legate all’immagine corporea negativa sono mantenute con una ferma convinzione e tali distorsioni possono variare su un continuum che può avere ad un polo una valutazione negativa del proprio corpo un pò sopra la norma sino ad idee deliranti.
Obesità e comportamento
A livello comportamentale chi ha una immagine corporea negativa mostra frequenti evitamenti, anche estremi, come l’isolamento sociale. Più spesso però gli individui mantengono relazioni sociali ma trovano il modo di mascherare la loro apparenza indossando abiti particolari, adottando posture in grado di nascondere le parti “difettose” del proprio corpo, evitando tutte quelle situazioni in cui bisogna esporsi, ad esempio, al mare o in piscina. Altri comportamenti legati all’immagine corporea negativa sono i comportamenti di controllo come l’ispezionare i presunti o i reali difetti allo specchio, il pesarsi di continuo, il tastare ripetutamente alcune parti del corpo, chiedere frequentemente agli altri rassicurazioni sulla propria apparenza.
Vi sono persone che, sebbene obese per una serie di eventi familiari, culturali, ereditari o personali, vivono la loro obesità senza particolari problemi. Potremmo definire queste persone degli obesi egosintonici che vivono la loro condizione non come un limite, ma come una caratteristica somatica. Di solito sono persone che hanno un buon senso della realtà e non hanno problemi di immagine corporea, si prendono cura del loro corpo e dell’abbigliamento.
Numerosi studi che hanno confrontato il funzionamento psicologico di individui obesi con quello di soggetti non obesi di controllo, hanno trovato maggiori livelli di ansia e depressione e minori livelli di benessere mentale nelle persone obese rispetto a quelle normopeso.
Sono da evidenziare anche numerose osservazioni circa il fatto che gli obesi che sembrano mostrare una maggior prevalenza di disturbi emotivi sono quelli che ricercano attivamente un trattamento, se confrontati con persone obese che non ricercano trattamenti o persone normopeso. In particolare questi obesi mostrerebbero una considerevole frequenza di sintomi depressivi.
Gli obesi attivi nella ricerca di un trattamento mostrano una maggiore frequenza di abbuffate e/o di disturbi di personalità, in particolare di tipo borderline.