Che differenza c’è tra uno psicologo e uno psicoterapeuta?

Riteniamo fondamentale chiarire la distinzione tra psicologo e psicoterapeuta, affinché possa essere più agevole la scelta del professionista e della prestazione più adatta alle proprie esigenze.
Lo Psicologo è un professionista laureato in Psicologia e abilitato alla professione in seguito al superamento dell’Esame di Stato, a cui accede solo dopo un adeguato e prolungato tirocinio pratico. Per esercitare la professione lo Psicologo deve essere iscritto regolarmente all’Albo degli Psicologi, nella sezione regionale di appartenenza. Per lo Psicologo che esercita in Abruzzo il riferimento è l’Ordine degli Psicologi della regione Abruzzo.
Lo Psicoterapeuta è un professionista laureato in Psicologia o Medicina e Chirurgia che abbia acquisito una specifica formazione teorica e pratica, almeno quadriennale, presso scuole di specializzazione universitarie o riconosciute dal MIUR secondo la normativa vigente.
Quali sono le competenze dello Psicologo?
Come previsto dal Codice Deontologico, lo Psicologo lavora per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace (art.3). E’ tenuto inoltre ad accrescere le proprie conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità.
Di fronte all’emergere di un disagio o un malessere psicologico, compito dello psicologo è analizzare la domanda di aiuto, potendo discriminare, dopo un momento di valutazione diagnostica, la natura della problematica presentata e il tipo d’intervento eventualmente da adottare per la risoluzione della stessa.
I benefici di una consulenza psicologica, inoltre, possono riguardare la prevenzione e il miglioramento del benessere psicologico e relazionale dell’individuo, della coppia, della famiglia e di un gruppo.
A volte la ragione per cui un soggetto richiede il parere dello Psicologo è rappresentata da un momento di crisi personale legata a una situazione particolare, limitata nel tempo, come per esempio il dover prendere una decisione importante, oppure la scoperta di una malattia che ha colpito sé o un proprio caro, o ancora un momento particolarmente stressante sul lavoro o nelle relazioni sociali e così via. In questi casi lo Psicologo può proporre un percorso di sostegno psicologico che ha l’obiettivo di sostenere il soggetto nel momento critico, supportandolo nel rilanciare le proprie risorse personali, identificando le strategie più idonee alla gestione del problema attuale.

Quando rivolgersi allo psicoterapeuta?

In presenza di una sofferenza psicologica significativa, che può anche affondare le proprie radici in esperienze lontane nel tempo, oppure in presenza di una sintomatologia clinica più o meno importante lo Psicologo, identificando la natura della problematica presentata, può valutare la necessità di un trattamento terapeutico che è però di competenza esclusiva dello Psicoterapeuta.

In altre parole, la psicoterapia, come indica la sua stessa etimologia, è l’intervento indicato per la cura e il trattamento della sofferenza della psiche, sia essa di natura mentale, emotiva o comportamentale.

Con questo non vogliamo dire che chi intraprende una psicoterapia debba necessariamente manifestare una patologia psichica, ma il grado di sofferenza per cui la psicoterapia è l’intervento più indicato coinvolge più nel profondo la persona, ostacolando la sua capacità di attivare le proprie risorse soggettive o il suo funzionamento personale, relazionale o lavorativo.

Più in generale potremmo dire che obiettivo di una psicoterapia è la cura e il cambiamento di modalità emotive, cognitive, relazionali e comportamentali che danno origine a una sofferenza più o meno intensa, compromettendo il perseguimento degli obiettivi importanti per il soggetto.

Che cos’è un sostegno psicologico?

Il sostegno psicologico è un percorso non terapeutico, condotto da uno psicologo, rivolto a persone che vivono un momento di disagio o crisi personale a seguito di una situazione particolare o di un determinato momento di vita (affrontare una situazione critica, prendere una decisione, trovare una soluzione funzionale ai problemi incontrati, migliorare una relazione coniugale, familiare, affettiva, professionale o amicale); la valutazione dello psicologo, laddove comprenda che non siano presenti né sintomi rilevanti né un quadro clinico tale da necessitare di intervento psicoterapeutico, porterà alla formulazione concordata di un intervento mirato e focalizzato alla gestione di una specifica difficoltà quotidiana, supportando il soggetto a reperire strategie idonee alla risoluzione delle problematiche incontrate e stimolando le risorse personali.

L’obiettivo è quello di raggiungere e mantenere uno stato di benessere, agendo sulle risorse e sui punti di forza del cliente, fornendo supporto rispetto alla gestione di un attuale problema specifico (emotivo, relazionale, psicologico, affettivo); richiede un numero contenuto di incontri che varia in base alle necessità.

Perchè andare in psicoterapia?

Una persona decide di andare in terapia per svariate motivazioni personali, ma il più delle volte perché è bloccata. Può sentirsi consapevolmente tale oppure può essere evidente dal suo comportamento, ma in entrambi i casi vi è un blocco che le impedisce di svolgere una vita completa ed appagante.
Quando qualcuno arriva in terapia spontaneamente, o “trascinato” dai parenti, l’elemento comune è che il suo comportamento, le sue sensazioni, i suoi pensieri e le sue percezioni sono diventate inappropriate, non capisce perché si senta così arrabbiato, depresso, così ossessionato da tutte quelle che agli occhi degli altri appaiono “banalità”, così impaurito da un qualcosa difficilmente definibile (ansia, aggressività, depressione, panico, fobie, disturbi ossessivo-compulsivi, adolescenti ribelli, abuso di sostanze, bullismo…).

“Mi sento osservato, a volte oggetto di complotti e devo nascondermi dagli occhi altrui”
“La amo tanto ma quando non mi rispetta la devo punire!”
“So che mi sto rovinando la vita abusando di sostanze ma non riesco proprio a smettere!”
“Mi sento inutile, nessuno mi vuole bene e non sono importante per nessuno”
“So che se continuo a lavarmi le mani mi procurerò dei danni ma per me in quei momenti è indispensabile farlo!”
“Finisco col farmi sempre licenziare…non capisco perché non mi apprezzano”
“Mi ha giurato che non mi picchia più, che è l’ultima volta, che gli dispiace tanto…voglio dargli un’altra opportunità”
“È inutile che mi dicano che le tartarughe non sono pericolose….a me fanno troppa paura…anzi è proprio angoscia!”
“Se non trovo posto vicino all’uscita di sicurezza inizio a sudare, mi sento svenire …piuttosto vado via”.

Queste persone non capiscono cos’è che fa mettere loro in atto questi comportamenti, sentire queste sensazioni, vivere certe emozioni e assumere questi punti di vista. Consapevoli di essere infelici per qualche ragione non riescono a cambiare!
Ecco spiegato il motivo per il quale diciamo che tutte queste persone sono in qualche modo bloccate. Desideri, bisogni, motivazioni, sensazioni, percezioni, pensieri e molti comportamenti sono diventati disfunzionali e influiscono pesantemente sulle loro vite.

A cosa serve e come funziona la psicoterapia per gli adolescenti?

La psicoterapia dell’adolescenza è utile per affrontare differenti problemi comportamentali e quelli riguardanti la particolare psicologia dell’adolescente e del bambino: infanzia e adolescenza sono fasi dello sviluppo in cui si affrontano numerosi cambiamenti (fisici, del pensiero, emotivo-affettivi e comportamentali).

È sempre utile calibrare l’intervento psicologico differenziando le caratteristiche tipiche dell’adolescenza maschile da quelle dall’adolescenza femminile.

Le modalità di intervento psicoterapeutico nella terapia con gli adolescenti riguardano la relazione terapeutica con l’adolescente ma si rivolgono anche al contesto in cui il minore è inserito. Per questo motivo è desiderabile integrare la psicoterapia dell’adolescente con un parallelo supporto ai genitori (sostegno alla genitorialità individuale e/o di gruppo).

È sempre importante ricordare che le problematiche presentate in adolescenza e nell’infanzia possono essere spesso transitorie e dipendenti dal contesto: per questo, l’intervento psicologico in età evolutiva può essere indicato sia in presenza di difficoltà, sia puramente a scopo di prevenzione e sostegno (pensiamo a quanto sia importante la prevenzione nell’uso di sostanze stupefacenti), sia in caso di disturbo conclamato, sotto forma di psicoterapia.

Che cos'è la terapia di coppia?

La terapia di coppia è il trattamento utilizzato in ambito psicologico per condurti verso la gestione dei conflitti e la risoluzione dei problemi nella tua relazione affettiva.

Con la convivenza o con il passare degli anni trascorsi insieme, è naturale e fisiologico che nascano difficoltà di varia natura, incomprensioni, scontri, che appaiono in un primo momento insormontabili, tanto da chiedervi: “Sarebbe indicato per noi un percorso terapeutico di coppia? Come funziona di preciso? Cosa dobbiamo aspettarci?”.

Ricorrere alla terapia di coppia è un’opportunità per fare luce sulle dinamiche in corso, per capire quale sia il ruolo di ognuno all’interno della relazione, per modificare modalità relazionali ormai cristallizzate, che non producono più buoni esiti, fino a risolvere i problemi, individuando il motivo per cui si sono verificati, focalizzando i comportamenti dannosi che vanno messi in discussione. Il risultato è, spesso, la fortificazione del legame stesso, purché la coppia desideri proseguire il proprio viaggio insieme.

Quando andare in terapia di coppia?

Esistono alcuni sintomi che indicano quando una coppia è in crisi. Il semplice fatto che ci siano discussioni non è necessariamente sinonimo di malessere, purchè queste non siano violente e cariche di modalità svalutanti. Nemmeno il silenzio è, però, sintomo di benessere. Esso può celare, in realtà, molto più disagio di quanto si possa immaginare. Certamente se la mancanza di dialogo è costante, i litigi aumentano, le incomprensioni regnano sovrane è opportuno chiedersi: “Abbiamo forse bisogno di un aiuto esterno?”.
Esistono alcune difficoltà tipiche che indicano che i due partner potrebbero beneficiare di un percorso terapeutico di coppia:
1. La fiducia è stata infranta
Una delle ragioni più comuni per cercare questo tipo di psicoterapia è quella di superare una grave rottura della fiducia. Ciò può riguardare la possibile infedeltà a livello sessuale o emotivo, bugie o l’incapacità di assumersi le responsabilità.
Per poter ricostruire una base di fiducia è necessario creare un luogo in cui entrambe le parti sono libere di esprimere le proprie vulnerabilità.
2. Gli scontri sono molto frequenti
Possono essere sia discussioni “piccole” sia conflitti importanti, ma ciò che fa la differenza è proprio l’aumento della loro frequenza. Ciò può indicare problemi significativi sotto la superficie che non vengono realmente affrontati.
3. La comunicazione è povera
Moltissime coppie che si rivolgono presso il mio studio hanno difficoltà di comunicazione. Magari non è il conflitto il problema più importante, ma la sensazione di essere incompresi o ignorati.
Il rapporto è improntato su un dialogo distruttivo o assente.
Spesso uno dei risultati più tangibili della terapia di coppia è proprio il miglioramento della qualità della comunicazione tra i 2 partner.
4. C’è una grossa difficoltà a gestire i conflitti
È assolutamente normale che in una coppia ci siano scontri e discussioni. Il modo in cui vengono affrontati è uno dei migliori predittori della qualità e della durata della relazione stessa.
5. State affrontando un evento molto doloroso
Molte coppie si allontanano dopo eventi particolarmente dolorosi (es. la perdita di un figlio, essere stati licenziati, la malattia di uno dei membri o di familiari). In questi casi la coppia affronta alcune delle sfide più intense e difficili in assoluto.
6. Siete bloccati in schemi e modelli disfunzionali e ripetitivi
Non c’è limite al numero di schemi e modelli che i partner sviluppano giorno dopo giorno riguardo la loro relazione. Alcuni di questi portano a frustrazioni continue e a sentirsi incompresi o attaccati.
Tutto ciò può essere affrontato in seduta, facendo particolarmente attenzione a lasciare ad entrambi i membri la possibilità di esprimersi.
7. L’intimità emotiva è finita o è profondamente diminuita.
È un cliché pensare che i due partner possano sentirsi come se la “scintilla” fosse svanita dopo aver trascorso un decennio o più insieme. Quasi come se fossero più compagni di stanza che altro.
A volte ciò avviene semplicemente perché la routine della vita quotidiana ha ridotto la capacità di entrare in connessione: si tratta di ridefinire le proprie priorità.
8. L’intimità fisica è molto ridotta o è assente
I problemi sessuali possono essere sia un sintomo che una causa di problemi relazionali, infatti spesso la mancanza o il peggioramento dei rapporti intimi diventa una delle lamentele più comuni dei partner.

A chi è consigliato il training autogeno? A chi invece è sconsigliato?

Il training autogeno è risultato essere uno strumento estremamente versatile ed utile in molteplici situazioni problematiche. In particolare è di aiuto in situazioni di ansia e stress nelle quali avvengono molte attivazioni a livello fisico ed emotivo. La finalità degli esercizi è quella di riuscire ad esercitare una maggiore controllo per prevenire l’acutizzarsi di questo tipo di reazioni che possono, se non controllate, sfociare in attacchi di panico con le relative conseguenze.

Il training autogeno è inoltre indicato per problematiche legate all’insonnia e in tutte quelle manifestazioni dolorose acute quali l’emicrania dove l’aspetto psicosomatico risulta estremamente rilevante.

Altro ambito di applicazione del training autogeno è il settore sportivo. Questa tecnica viene infatti utilizzata per stimolare e facilitare la concentrazione alla vigilia di importanti eventi sportivi.

Risulta inoltre molto utile in casi di fobie specifiche come ad esempio la paura di volare ed è inoltre consigliato in casi di somatizzazioni quali disturbi gastrointestinali, disturbi della pelle e disturbi sessuali.

Pur essendo estremamente versatile il training autogeno non è adatto a tutti, è infatti fortemente sconsigliato nelle patologie depressive e psicotiche. Un occhio di riguardo va dato nella pratica alle donne in stato di gravidanza che possono comunque avvicinarsi alla tecnica con alcune dovute accortezze: è infatti necessario apporre alcune modifiche nell’esecuzione dell’esercizio del calore e della pesantezza a causa della presenza di eventuali cambiamenti nel sistema circolatorio.  La pratica del training autogeno è inoltre controindicata per persone in fasi acute di cardiopatie, soprattutto in soggetti che hanno riportato infarti negli ultimi sei mesi.

Cosa si intende per new addiction?

Il termine inglese addiction, in italiano “dipendenza patologica”, deriva dal latino addictus (termine utilizzato nell’Antica Roma per indicare lo schiavo o il servitore) ed emerse negli ambienti scientifici inizialmente per descrivere la condizione di schiavitù che si instaurava con l’uso di droghe. 

La lingua inglese opera un’importante distinzione tra i termini addiction e dependence, che in italiano sono invece tradotti con la stessa parola “dipendenza”, pur avendo significati molto diversi. Con addiction si vuole definire una condizione generale, in cui la dipendenza psicologica da una sostanza o da un oggetto spinge alla ricerca dell’oggetto stesso, senza il quale l’esistenza sembra priva di significato; con dependence, invece, si intende la dipendenza fisica e chimica, ovvero la condizione in cui l’organismo necessita di una determinata sostanza per funzionare e quindi la richiede.

Sebbene le dipendenze principali e maggiormente conosciute siano state fino a pochi decenni fa quelle inerenti alle droghe e all’alcool, oggi più che mai è vivo l’interesse per un altro gruppo di dipendenze, legate ad oggetti o comportamenti presenti nella vita quotidiana di tutti e che non hanno nulla a che vedere con l’abuso di sostanze. La dipendenza da sesso, Internet, shopping compulsivo, gioco d’azzardo, lavoro eccessivo, così come la ricerca continua e incessante di esperienze sentimentali e di stati di innamoramento, costituiscono un gruppo eterogeneo comunemente definito come “dipendenze comportamentali” o “nuove dipendenze” o, ancora, “new addiction”.

Esse sembrano essere l’espressione di un disagio psichico profondo e di un malessere vasto e pervasivo. Sebbene ogni forma di addiction sia caratterizzata da  aspetti specifici, nel loro insieme sembrano manifestare un desiderio di fuga dalle difficoltà della vita quotidiana e un’incapacità a tollerare la sofferenza psichica che porta, a volte quasi consapevolmente, a rinunciare all’uso del pensiero critico e della riflessività a favore di uno stato soggettivo di piacere e in certi casi di euforia (cioè alterazioni dello stato di coscienza) messo in atto con modalità progressivamente più compulsive.

Le dipendenze comportamentali o da sostanze influenzano e distorcono a differenti livelli di gravità l’esperienza individuale di molte persone. Si tratta di un particolare coinvolgimento in un’abitudine ripetitiva e persistente, che non tiene conto delle conseguenze e che sviluppa più o meno rapidamente una condizione di tolleranza, ossia quella necessità di aumentare sempre più le dosi assunte (o i comportamenti messi in atto) per ottenere gli effetti desiderati. Inoltre, tutti i comportamenti di dipendenza sembrano essere accompagnati da qualche forma di craving, più o meno preponderante, inteso come un’attrazione talmente forte verso alcune sostanze o esperienze allettanti da comportare una perdita di controllo e la messa in atto di una serie di azioni “obbligatorie” volte alla soddisfazione del desiderio, anche in presenza di ostacoli o pericoli.

Le persone diventano dipendenti da esperienze che possono modificare l’umore e le sensazioni e, pertanto, prima ancora di essere una condizione neurobiologica o un problema sociale, la dipendenza può essere considerata un fenomeno individuale che può presentarsi nel corso dello sviluppo psicologico come risposta a specifici fattori evolutivi. Essa, infatti, non interviene casualmente nella vita delle persone, ma è conseguenza di una vulnerabilità di base che permette l’instaurarsi di una modalità di comportamento alla quale ricorrere sotto stress o quando ci si sente soverchiati da sensazioni ed emozioni non identificabili o gestibili.

Come posso pagare la seduta?

E’ possibile pagare i servizi in contanti, a mezzo Bonifico, Bancomat o Carta di debito/credito.

Posso detrarre le spese psicologiche?

Le prestazioni di natura clinica erogate da psicologi sono detraibili nella Dichiarazione dei Redditi (Modello 730 o Modello Unico Persone Fisiche) dei pazienti: la Circolare N. 20 del 13/5/2011 dell’Agenzia delle Entrate risponde in modo preciso alla domanda sulla detraibilità delle spese dello psicologo quali spese medico/sanitarie.

La normativa fiscale prevede infatti la detraibilità in dichiarazione dei redditi di queste spese poichè vengono assimilate (anche se non hanno prescrizione medica) alle prestazioni sanitarie.

Dove ricevi?

Lo Studio di Psicologia della Dr.ssa Silvia Colangelo si trova nel cuore di Pescara in Viale Regina Margherita 19 

Come posso prendere un appuntamento?

Chiamami al 3294140671 (rispondo sempre, nel caso sia in seduta con un’altra persona sarà mia cura richiamarti quanto prima), oppure mandami una mail a info@silviacolangelo.it

Ci sono parcheggi nelle vicinanze?

Per chi viene in auto è possibile parcheggiare nell’area di risulta della Stazione Centrale con 1250 posti disponibili. Lo studio si trova a 200 metri.

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