Succede piuttosto spesso nella mia professione di psicoterapeuta cognitivo comportamentale di rispondere alle richieste di persone che si rendono conto di soffrire di forme d’ansia più o meno gravi e chiedono consigli su come curarla. In parte hanno chiara l’esigenza di chiedere aiuto di persona ad uno psicologo, in parte desiderano occuparsi da soli del problema per una serie di motivi anche molto differenti fra loro. Questo non è sempre possibile e, anzi, di solito lo è solo parzialmente, perché chi arriva a chiedere aiuto è abitualmente una persona che non ha appena incontrato l’ansia sulla propria strada, ma che ha cercato di gestirla e superarla già da tempo (senza successo) prima di contattare un esperto e che l’ha quindi lasciata cronicizzare e magari peggiorare prima di occuparsene.
Anche se in molti casi è preferibile e/o necessario l’intervento diretto di uno psicologo, ci sono comunque delle linee-guida che chi soffre d’ansia può seguire nell’affrontare la situazione:
– evitare di mettersi alla prova: esporsi volontariamente e massicciamente a situazioni che hanno causato in precedenza una crisi d’ansia non è una buona idea. Riportarsi in una situazione altamente ansiogena senza aver acquisito nuovi strumenti e competenze per affrontarla può essere controproducente e causare un peggioramento della percezione che la persona ha di sè in quanto incapace di affrontare la vita. Meglio approcciare con gradualità ciò che provoca ansia ed evitare di trarre conclusioni dall’esito negativo di singoli tentativi;
– non attuare confronti con gli altri: convinzioni come “tutti stanno bene e sono felici, tranne me” e “solo io ho questi problemi” non sono solo false, vista la percentuale di soggetti ansiosi (e depressi) presente nella popolazione generale, ma è controproducente perchè rafforza l’idea di essere soli e inferiori e irrimediabilmente diversi e “difettosi”;
– accettare i propri limiti: sentirsi stupidi, deboli o incapaci non è nè realistico nè utile. Quando l’ansia colpisce non è il caso di sprecare energie ad insultare se stessi, ma piuttosto si dovrebbe impiegarle tutte nella ricerca di una soluzione al problema;
– chiedersi cosa non va senza censurare alcun pensiero ed essendo completamente onesti almeno con se stessi;
– chiedersi quali vantaggi si ottengono soffrendo d’ansia e rendendo partecipi del problema le persone più vicine: a volte infatti la sintomatologia ansiosa non è altro che la modalità con la quale emerge il desiderio di imporre la propria volontà su altri, costringendoli ad essere più accomodanti e disponibili, o di avere un buon motivo, che gli altri non contestino, per evitare impegni e situazioni sgradite. In questo caso la soluzione più efficace consiste nell’incrementare la comunicazione assertiva e presentare chiaramente la propria posizione e i propri desideri come degni di ascolto e di accoglimento;
– cercare precedenti in famiglia: a volte chi soffre d’ansia è cresciuto accanto ad un adulto che ne soffriva, ed ha imparato a soffrirne poichè ha appreso come relazionarsi con gli altri e affrontare la vita da un modello negativo, debole, perdente. L’identificazione con un modello di adulto ansioso può svilupparsi negli anni in maniera subdola e inconsapevole, ma può essere identificato e reso almeno in parte inoffensivo se individuato come tale;
– curare l’alimentazione: è necessario limitare l’assunzione di bevande stimolanti (caffè, thè, energy drinks) e scegliere di mangiare alla sera cibi che contengono sostanze naturalmente calmanti (pane e pasta), evitando, in quell’occasione, la carne;
– introdurre l’esercizio fisico nella routine quotidiana/settimanale: lo sport può essere utile per scaricare le tensioni e lo stretching serve sicuramente a distendere i muscoli contratti (schiena, spalle, collo). Il suggerimento di fare sport vale però solo per chi non soffre di sintomi come tachicardia o dispnea/fame d’aria, che sono fisiologicamente prodotti dallo sforzo fisico e che l’ansioso interpreta non come effetto dell’attività motoria, ma come sintomi d’ansia, stando peggio di prima;
– sfoltire l’agenda degli impegni: a volte gli ansiosi risentono anche di un’agenda eccessivamente impegnativa, che non lascia loro respiro e li porta a sentirsi costantemente sulle spine, preoccupati per l’impegno successivo, magari in perpetuo ritardo. Sovraccaricarsi di cose da fare è una scelta negativa, che si può modificare ragionando su quali appuntamenti quotidiani siano eliminabili e quali siano rimandabili, oltre che sull’importanza che si attribuisce ai singoli impegni e sulla possibile sovrastima che se ne fa. Rallentare il ritmo delle proprie giornate avrà ricadute positive sia sulla salute fisica (che spesso in questi casi è guastata da sintomi come cefalea, gastrite, disturbi psicosomatici) sia sulla tranquillità psicologica propria e delle persone vicine.
Seguire questi consigli serve a contenere l’ansia e ad evitare di farla peggiorare ma non a curare l’ansia: la situazione può essere migliorata introducendo una serie di accorgimenti piccoli e grandi nella propria quotidianità, ma quando il problema persiste e intralcia significativamente sia la vita che la serenità è sempre preferibile non illudersi che possa passare da solo e non lasciar passare troppo tempo prima di rivolgersi ad uno psicologo, esattamente come si farebbe con il medico in presenza di un disturbo che persiste per un certo periodo di tempo.
Una buona psicoterapia, ad esempio cognitivo-comportamentale, aiuta quasi sempre a uscire dallo stato di sofferenza e a risolvere il problema.
Sono anche disponibili tecniche di rilassamento come il Training Autogeno che aiutano a contenere l’ansia e che possono essere utilizzate da sole (dopo l’apprendimento, sempre affiancati da uno psicologo) o integrandole alla psicoterapia.