In un mio articolo presente nel blog ho parlato del disturbo ossessivo compulsivo con l’intento di fare chiarezza su un disturbo che colpisce, nell’arco della vita, circa il 2-3% della popolazione. Si stima che circa 1 su 40 adulti ne sia affetto e 1 su 100 è un bambino (Anxiety and Depression Association of America).
La prevalenza del disturbo ossessivo compulsivo in un periodo di 12 mesi è maggiore nelle donne (1,8%) rispetto agli uomini (0,5%) (Harvard, 2021). Uno studio del 2020 ha rilevato che quasi due terzi delle persone con disturbo ossessivo compulsivo presentavano sintomi importanti prima dei 25 anni (Stanford Medicine).
Nelle famiglie con una storia di disturbo ossessivo compulsivo, c’è una probabilità del 25% che un altro parente stretto sviluppi i sintomi. (American Journal of Medical Genetics , 2017).
Considerate le statistiche significative e alla luce del fatto che attualmente il trattamento psicoterapeutico base e di elezione per la cura del Disturbo Ossessivo Compulsivo è quello cognitivo-comportamentale, vogliamo di seguito esporre quelle che sono le principali tecniche utilizzate durante il percorso di trattamento:
Psicoeducazione
Fornisce informazioni dettagliate sul Disturbo Ossessivo Compulsivo, sulla natura dei pensieri ossessivi, dei comportamenti compulsivi, sulla possibile eziologia del Disturbo Ossessivo Compulsivo e sui trattamenti di provata efficacia.
ERP
La ERP (esposizione graduale e progressiva con prevenzione della risposta) è la tecnica comportamentale più importante nella terapia del Disturbo Ossessivo Compulsivo. Per vincere l’ansia associata agli stimoli ossessivi è necessario esporre gradualmente l’individuo agli stimoli in assenza di rituali comportamentali. Nella terapia cognitiva l’esposizione a pensieri e situazioni “contaminanti” ha l’intento di mettere in discussione le credenze sulle conseguenze catastrofiche che il contatto con questi stimoli comporta. La prevenzione delle risposte (o l’eliminazione delle strategie protettive comportamentali) diviene una specie di “manovra di falsificazione”, capace di dimostrare che nessun evento catastrofico segue alla falsità delle credenze originali.
Ristrutturazione cognitiva
Come abbiamo fin qui descritto, il funzionamento del Disturbo Ossessivo Compulsivo è mantenuto da alcune specifiche credenze cognitive (intolleranza dell’incertezza; pensiero catastrofico; pericolosità e inaccettabilità dell’ansia provocata dai pensieri, responsabilità), la cui ristrutturazione rappresenterà uno degli obiettivi della terapia.
Nuovi approcci terapeutici nella cura del Disturbo Ossessivo Compulsivo
Oltre ai protocolli ben consolidati qui esposti, negli ultimi anni si stanno affacciando sullo scenario della clinica e della ricerca nuovi approcci terapeutici per il Disturbo Ossessivo Compulsivo. In questo paragrafo faremo quindi una panoramica di alcune delle tecniche in progress, quali la terapia metacognitiva, la mindfulness, l’Acceptanceand Commitment Therapy (ACT) e l’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR).
Terapia metacognitiva
Di recente Wells (2008) ha proposto un modello di terapia del Disturbo Ossessivo Compulsivo definito “metacognitivo”. Esso, come quello cognitivo, sottolinea l’importanza della comparsa dei pensieri intrusivi nella mente del paziente a seguito o meno di un evento attivante. L’elemento originale e centrale in questo modello consiste nel fatto che le intrusioni attivano alcune credenze metacognitive, cioè pensieri relativi al significato e all’importanza della comparsa nella mente delle ossessioni. Queste credenze metacognitive sono disfunzionali e alla base del disturbo. Secondo Wells, il problema non è avere dei pensieri intrusivi in mente – una cosa abbastanza frequente e comune anche nei soggetti sani –, ma il fatto che per i pazienti con Disturbo Ossessivo Compulsivo ciò diventi intollerabile, preoccupante, fonte di rimuginio, angosciante e minaccioso. Gli obiettivi della terapia metacognitiva sono quindi di 2 tipi:
- modificare la maniera in cui il paziente vive i propri pensieri e vi si rapporta;
- modificare le convinzioni che il paziente ha rispetto ai propri pensieri ossessivi.
Wells e Matthews (2014) all’interno del protocollo di terapia metacognitiva del Disturbo Ossessivo Compulsivo, hanno introdotto una procedura, definita “detached mindfulness”, in cui i pazienti vengono incoraggiati ad adottare un “atteggiamento di distacco”, quindi a non indugiare sulle intrusioni con rimuginazioni o strategie di neutralizzazione, ma lasciandole passivamente andare, pur ammettendone la presenza.
Mindfulness
Gli individui affetti da Disturbo Ossessivo Compulsivo non riescono ad accettare esperienze mentali, considerate dalla maggior parte delle persone non minacciose. Gli interventi basati sulla mindfulness (Didonna, 2009, 2017) intervengono proprio per modificare e migliorare la relazione di questi pazienti con la loro esperienza interna e aiutarli conseguentemente a fronteggiare in modo efficace la loro capacità di distacco dai propri pensieri, di comprensione della loro natura rappresentazionale e di accettazione del contenuto. Lo scopo di tali interventi è di osservare i pensieri senza reagire ad essi con rituali manifesti o mentali, considerandoli semplicemente come “fatti mentali”, prevenendo o interrompendo qualsiasi valutazione, giudizio, interpretazione o neutralizzazione.
ACT
L’ACT (Acceptance and Commitment Therapy) è un approccio che integra aspetti teorici e tecniche provenienti da diverse terapie tradizionali, quali mindfulness e terapia dialettico-comportamentale. È una terapia che si basa sui concetti di accettazione e impegno, e risulta utile per molti tipi di problemi psicologici. L’ACT aiuta le persone a tollerare meglio e ad accettare il disagio procurato dai loro pensieri intrusivi. Offre un’alternativa importante soprattutto per coloro che sono riluttanti a entrare in contatto con gli stimoli nelle consuete tecniche di ERP. I concetti alla base di tale approccio possono essere riassunti in un principio fondamentale: parole (e pensieri formati con le parole) hanno un significato individuale e unico. Il loro significato dipende dalla persona e dal contesto in cui l’apprendimento ha avuto luogo. In altre parole i pensieri hanno un significato o una verità in base a quella che assegnamo loro. La premessa generale dell’ACT è dunque che il significato e l’importanza che assegnamo ai nostri pensieri perpetuano la nostra sofferenza emotiva. Inoltre, visto che siamo noi ad assegnare un determinato significato, possiamo altrettanto facilmente assegnare un significato diverso, che ci provochi minore disagio e minore sofferenza emotiva.
EMDR
L’approccio EMDR si focalizza sul ricordo delle esperienze disturbanti traumatiche, particolarmente stressanti dal punto di vista emotivo, che possono aver contribuito al disturbo e che conducono le persone in terapia. Tale metodica, sviluppata in questi ultimi anni, si è dimostrata efficace in tempi brevi col Disturbo Ossessivo Compulsivo. Nel Disturbo Ossessivo Compulsivo il trattamento con EMDR prevede le seguenti fasi:
- ricostruzione della storia di vita del paziente, identificandone gli episodi traumatici che negli anni possono aver contribuito all’insorgere del disturbo;
- lavorare sui ricordi traumatici isolati, attraverso il protocollo EMDR standard;
- lavorare sulla storia del disturbo, soffermandosi sulle volte in cui sono comparsi i pensieri e le idee ossessive nonché le compulsioni e i rituali;
- elaborazione delle attuali situazioni attivanti (triggers) mediante diari giornalieri, schede di automonitoraggio e analisi funzionale comportamentale. I triggers possono riattivare l’elaborazione di uno degli scenari intollerabili per il soggetto, alla base delle ossessioni (comunemente dette “fissazioni”) e dei possibili episodi emotivamente attivanti, individuati nella storia di vita del paziente. Questa procedura terapeutica risulta efficace nel preparare il soggetto a sperimentare nella realtà le situazioni temute;
- l’ultima fase del trattamento EMDR del Disturbo Ossessivo Compulsivo prevede la prevenzione della risposta, con la quale si lavora sugli scenari intollerabili per il soggetto senza la messa in atto di compulsioni, rituali e/o rassicurazioni. Tale tecnica, infatti, consente di ridurre i livelli delle compulsioni.
Se hai ancora dubbi, se vuoi approfondire l’argomento e le tecniche utilizzate per il trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo o se sei intenzionato a chiedere un aiuto concreto, puoi rivolgerti ad uno psicoterapeuta specializzato in terapia cognitivo comportamentale.