Quando si affronta il caso di un paziente che abusa di sostanze, gli obiettivi prioritari della terapia dovrebbero consistere nell’aiutarlo a interrompere tale abuso e nel mantenere nel tempo l’astensione.
La terapia cognitivo-comportamentale (TCC) é una delle terapie più apprezzate per il raggiungimento di tali obiettivi terapeutici. Essa, solitamente, va ad inserirsi nell’ambito di un trattamento multidisciplinare ed é finalizzata ad aiutare i pazienti a riconoscere, evitare e fronteggiare le loro difficoltà. Quindi riconoscere le situazioni emotive, cognitive e comportamentali durante le quali si assume più facilmente la sostanza, evitare queste situazioni quando possibile o fronteggiare efficacemente i problemi associati all’abuso della sostanza.
Riconoscere, evitare e fronteggiare significa impostare un trattamento psicoterapeutico che lavora sul comportamento di consumo, sulle variabili relazionali, emotive e sui pensieri disfunzionali che portano il paziente all’utilizzo di sostanze stupefacenti.
In linea generale per interrompere l’utilizzo della sostanza possono essere utilizzate strategie cognitive, comportamentali, emotive e farmacologiche. Mentre per aiutare il paziente a mantenere nel tempo l’astinenza, é più importante un approfondito lavoro su tutti quegli aspetti cognitivi che caratterizzano la dipendenza e dei quali spesso il soggetto é inconsapevole.
L’assunzione di sostanze di abuso può essere la conseguenza di una condizione ansiosa conseguente ad idee irrazionali relative ad una scarsa accettazione di sé (per es. “Devo essere amato da tutti”), oppure ad una scarsa tolleranza alla frustrazione (“Non ce la faccio a reggere, ho bisogno di qualcosa che mi tiri su”). La prima di queste risposte ansiose é stata definita ego anxiety, ovvero ansia riguardo alle proprie caratteristiche, capacità e possibilità. La seconda reazione ansiosa può essere invece chiamata disconfort anxiety, ovvero l’ansia provata quando si ritengono intollerabili alcuni eventi e situazioni.
Frequentemente si nota una terza risposta ansiosa legata al fatto di non accettare i propri comportamenti indesiderati (symptom stress). Può capitare che il soggetto utilizzi i suoi errori, come ad esempio una ricaduta, per confermare a se stesso l’impotenza contro il proprio disagio (“Ecco ci sono ricascato”, “Non sarò mai in grado di controllarmi”, “Non ce la farò mai”) e così continuare nel comportamento di abuso.
Spesso é utile intervenire su questo tipo di convinzioni e di reazioni apparentemente secondarie, proprio all’inizio del trattamento. Difatti se non prontamente corrette, queste idee erronee potrebbero invalidare il resto della terapia.
In molti casi la condizione di abuso é notevolmente legata a particolari condizioni ambientali, una determinata compagnia, un luogo specifico, il presentarsi di situazioni in cui bisogna essere particolarmente brillanti, socievoli o svegli. Per alcuni é inevitabile l’uso di alcol quando ci si trova in un bar, per altri il rischio aumenta quando ci si sente soli o annoiati.
Uno psicologo cognitivo-comportamentale, attraverso lo strumento dell’analisi funzionale, permette al terapeuta di identificare le situazioni sociali (con chi sono…), ambientali (dove sono…), emozionali (come mi sento…), cognitive (“se non bevo non riuscirò a dire una parola”) e infine fisiche (difficoltà di concentrazione) che aiutano il paziente a capire perché sta usando una sostanza e cosa gli serve per poter evitare o difendersi dagli stimoli favorenti l’uso.
L’abuso di sostanze quindi può essere considerato una manifestazione di idee e convinzioni erronee che hanno importanti conseguenze fisiche, emotive e comportamentali che inducono a mantenere la dipendenza.